Il corpo è un livido

E’ stata inaugurata nei giorni scorsi nelle tre sale della ex presidenza del Palazzo Ducale di Massa Carrara, Piazza Aranci 35, la mostra “Il corpo è un livido”, curata da Davide di Maggio e Nerina Toci, e organizzata dall’Associazione Quattro Coronati, dalla Fondazione Mudima di Milano e dalla Provincia di Massa Carrara.
In mostra 21 fotografie realizzate da cinque artiste: Diane Arbus, Nan Goldin, Gina Pane, Shirin Neshat e Francesca Woodman, ognuna delle quali racconta secondo la propria sensibilità, la condizione femminile e la violenza (fisica e psicologica) sulle donne.
Cinque letture diverse della realtà che hanno come filo conduttore questo tema così forte e attuale.
Ed eccolo il corpo delle donne – spiegano i curatori della mostra – come campo di battaglia: non è la sofferenza a muovere l’emotività collettiva. Non è l’identità della vittima che conta, la sua storia, la sua dignità, la sua ferita. E non è uno slancio empatico a guidare il dibattito sui media. Le donne restano sullo sfondo, accessorie, funzionali o altro”.

Per Diane Arbus (New York 1923 – 1971), la fotografia è strenua affermazione del proprio essere deforme: del proprio esistere, in quanto individuo/entità autonoma, al di là di ogni forma prestabilita e imposta. E proprio la categoria del deforme, infatti – nella sua accezione etimologicamente neutra, e quindi sgombra da qualsiasi intento di giudizio – il campo prescelto da questa fotografa americana per cercarsi, e riconoscersi, nel mondo che la circondava.

La pittrice Nan Goldin, (Washigton, 1953), osserva la parte trasgressiva e nascosta della vita della città con un approccio intimo e personale. Ritrae amici e conoscenti, ma anche sé stessa, come nel celebre autoritratto un mese dopo essere stata picchiata.

 

 

 

Una delle maggiori esponenti della Body Art è Gina Pane, nata a Biarritz in Francia il 24 maggio 1939 e scomparsa precocemente il 5 marzo 1990 a Parigi. E’ diventata un simbolo del dolore fisico ed emotivo come liberazione. Le sue performance sono emotivamente sconvolgenti ma hanno un potere rituale, esorcizzante. È una ricerca in se stessa e nell’altro che fa del limite della sofferenza una forma di rivoluzione. La sua performance più nota è Azione sentimentale del 1973.

 

 

Nata a Quazvin, in Iran, nel 1957, Shirin Neshat, artista di arte visiva, pone in relazione la religione islamica come oggi si manifesta e il femminismo, il rapporto fra i sessi, le censure di ordine sociale che regolano l’espressione del desiderio, la diversità”. Lo fa, però, in una prospettiva che “non intende dare giudizi, ma anzi ridiscutere le nostre certezze ideologiche e lasciare aperte le interpretazioni”: i suoi lavori, come ha scritto qualcuno, sono “un ponte fra le contraddizioni che attraversa il fiume dei pregiudizi”.

 

 

Breve la vita di Francesca Woodman: la fotografa americana, nata nel 1957, pose fine ai suoi giorni il 19 gennaio del 1981, aveva 23 anni. Francesca Woodman è una delle figure più emblematiche dell’arte degli ultimi trent’anni. Figlia di artisti – padre pittore, madre ceramista – interessata alla fotografia sin da quando aveva tredici anni. Fotografava spesso sé stessa: si autorappresentava  – “per una questione di praticità. Io sono sempre disponibile” – dichiarò poi. Ma anche per conoscersi, indagando la sua fisicità e il rapporto con il contesto, lasciandosi travolgere da un flusso di coscienza dove soggetto e oggetto stabiliscono una relazione fluida e indefinita.
La mostra sarà aperta ad ingresso libero tutti i giorni fino al 1 dicembre dalle 16 alle 19.
Info:
Tel. 3791855725
Nella foto di copertina, un’opera di Francesca Woodman.