Botswana, l’Africa nel cuore
Niente viaggi, per il momento il mondo è ristretto alla nostra abitazione e a poche centinaia di metri di lontananza, e questo è il solo “viaggio” che possiamo compiere oggi: niente passaporto o carta d’identità, ma solo una “autocertificazione” che giustifichi la nostra uscita da casa.
Allora proviamo a viaggiare stando a casa: lasciata in un cassetto la “autocertificazione”, ce ne andiamo oggi nel Botswana, situato nella parte meridionale del Continente Africano, tra il deserto del Kalahari e il delta del fiume Okavango, un Paese che in occasione delle stagionali alluvioni diventa un habitat rigoglioso per centinaia, migliaia di animali selvatici, tra i quali anche la più alta concentrazione di elefanti al mondo.
Il Botswana è quasi interamente occupato dal deserto del Kalahari ed è caratterizzato da infinite distese di sabbia rossa, cespugli, savana e da deserti salini: quando il fiume Okavango, proveniente da Angola e Namibia, apre il suo delta tra le sabbie a circa mille chilometri dal mare, forma centinaia di isole, canali e meandri. A certificare l’importanza del fiume e del suo delta, basta ricordare che dal 2014, proprio il Delta è entrato a far parte dei siti dell’Unesco World Heritage, patrimonio dell’umanità.
Stato indipendente, il Botswana confina con il Sudafrica, la Namibia, lo Zimbabwe ed è uno dei Paesi con una delle più basse concentrazioni di abitanti per chilometro quadrato, 3,7.
Protettorato britannico dal 1885 con il nome di Bechuanaland, ha ottenuto l’autogoverno 80 anni più tardi divenendo la Repubblica del Botswana con capitale Gaborone, una città di poco meno di 260 mila abitanti.
Il suo territorio è costituito in maggior parte da un altopiano a circa 1.000 metri di quota, piatto e secco, quasi tutto occupato dal deserto del Kalahari, più basso e meno arido verso nord, mentre la parte orientale del Paese è attraversata da una catena montuosa molto dolce, visto che non supera nemmeno i 1.500 metri d’altezza, dove si trova la cima più elevata del Botswana, la Monalanong Hill di 1.494 metri; infine, l’estremità orientale è più vallonata e l’altitudine si abbassa fino a quasi 500 metri.
Pur essendo molto povero di acque, il Botswana possiede alcuni bacini lacustri, tutti legati al fiume Okavango, che li alimenta nei periodi più umidi, in quanto il suo delta non riesce a contenerne tutto il flusso, e variano quindi di superficie in maniera considerevole a seconda delle stagioni, i maggiori sono il Lago Makgadikgadi, che originariamente riceveva le acque di Okavango, Zambesi e Kwando ed era ampio 80.000 Km², mentre ora è sensibilmente più ridotto ed è formato da varie zone paludose ampie complessivamente 16.000 Km² e secche per la maggior parte del tempo, ed il Lago Ngami (770 Km² al massimo), anch’esso con caratteristiche similari.
E’ i turismo a costituire uno dei settori più importanti per l’economia del Paese, e questo proprio grazie alla numerosa fauna che ancora popola questa parte d’Africa, diventata una delle migliori destinazioni per un safari, ovviamente parliamo di safari fotografici, oltre che per i suoi straordinari paesaggi.
Praticamente tutto il Paese è un immenso zoo a cielo aperto, senza gabbie e recinzioni, dove tra le specie presenti praticamente un po’ovunque, ve ne sono alcune considerate in via d’estinzione, tra le altre, il rinoceronte bianco, il rinoceronte nero, il ghepardo, il leone e il cane selvatico africano.
Per questo motivo, ma anche come grande fonte economica, le autorità del Paese africano hanno istituito numerosi parchi i cui ingressi sono, nella maggior parte dei casi a pagamento, oltre che attrezzati per ospitare i tanti turisti che ogni anno lo visitano, lodge e campeggi adatti a tutte le esigenze e a tutte le tasche.
Una decina, in particolare quelli più importanti, a partire appunto dal Parco del Delta dell’Okavango, il secondo più grande delta fluviale interno del mondo, dopo il delta interno del Niger, e rappresenta uno degli ecosistemi più insoliti del pianeta.
La vita del delta inizia in Angola dove il fiume Cubango scende tra le montagne, entra in Namibia prendendo il nome di Kavango e qui il suo destino inizia a cambiare e la corsa verso l’Oceano Atlantico si interrompe. Ai confini tra Namibia e Botswana incontra una falda geologica larga ben 15 Km che lo costringe a serpeggiare formando l’area del Panhandle, (letteralmente manico di padella), dove si allarga e le sponde si ricoprono di canneti e papiri, poi incontra il deserto ed inizia ad aprirsi a ventaglio e a essere assorbito dalle sabbie del Kalahari, creando un immenso delta formato da 15.846 Km quadrati di lagune, canali e isole.
E tutta la zona si popola di elefanti, zebre, giraffe, ippopotami, coccodrilli, predatori, centinaia di specie di uccelli e moltissimi altri animali. Il periodo migliore per visitarlo è da maggio/giugno a settembre, quando il clima è secco, con giornate calde e notti fresche (molto fredde nei mesi di giugno e luglio) e quando l’acqua del delta raggiunge i suoi massimi livelli; ottobre è il periodo più caldo ma gli avvistamenti sono eccellenti in quanto gli animali sono alla disperata ricerca di acqua ed è facile incontrarli alle pozze d’acqua e lungo i canali.
Dal Delta dell’Okavango, al Parco Chobe, luogo con la massima concentrazione di elefanti in Africa, (nel parco vivono circa 120.000 individui), una popolazione ancora in crescita dal 1990, epoca in cui nel parco si contavano solo poche migliaia di esemplari. Il parco si trova nel nordovest del Paese, nei pressi della città di Kasane e pur essendo la terza area naturale protetta del Botswana in ordine di grandezza, il Chobe è di gran lunga il parco più rinomato del Botswana, e uno dei più noti dell’intera Africa, per la varietà e l’abbondanza della fauna, oltre degli elefanti e della vegetazione.
La Moremi Wildlife Reserve è l’unica area del delta ufficialmente destinata alla tutela del territorio, caratterizzata da habitat naturali molto diversi e contrastanti, che spaziano da terreni aridi a boschi di mopane e acacie, da foreste fluviali a praterie e pianure alluvionali e dalla presenza di molte isole, la più grande delle quali è Chief’s Island, accessibile solo in volo o in mokoro.
Il periodo migliore per visitare il parco è tra maggio e ottobre, quando gli animali, di tantissime specie, si radunano attorno alle fonti permanenti d’acqua. Inoltre, la Moremi Tongue, è il posto perfetto per l’avvistamento dei cosiddetti ‘big five’: leone, elefante, bufalo, leopardo e rinoceronte.
Le Tsodilo Hills sono situate al confine nord occidentale e sono raggiungibili solo in fuoristrada attraverso un tragitto impegnativo, oppure con dei voli privati. Si tratta di un gruppo di enormi massi solitari di quarzite posizionati su una grande distesa sabbiosa: ritenuto un luogo sacro dai popoli San, secondo la loro tradizione, questo sarebbe il luogo della creazione. E qui, è possibile vedere e ammirare più di 4000 pitture rupestri distribuite in 400 siti in un territorio di soli 9 Km quadrati, le più antiche delle quali si ritiene risalgano al Paleolitico e all’Età del Ferro.
Esplorare le tre colline principali, denominate, “Uomo”, “Donna” e “Bambino” è un viaggio nella preistoria e tra questi enormi massi, si respira un’aria mistica, senza tempo. Secondo gli archeologi, Tsodilo è abitato da oltre 100.000 anni ed è uno dei luoghi storici più antichi al mondo: alcuni vasi e utensili che sono stati trovati sono datati 90.000 anni fa. Dal 2002 il sito fa parte dell’Unesco World Heritage.
Makgadikgadi Pans è il più grande complesso di saline al mondo, dove lo spazio e il tempo si dissolvono e pare di trovarsi all’interno di un mondo surreale, dove perdersi è più facile di quanto si possa immaginare. Il caldo intenso e le infinite distese argentee creano dei miraggi, con l’improvvisa comparsa di laghi immaginari; di piccole rocce che sembrano diventare montagne, dove, come detto, il senso dello spazio sembra non esistere più.
Poi improvvisamente tra novembre e dicembre inizia a piovere, le distese vengono coperte dal verde dell’erba e arrivano branchi di zebre, antilopi, gnu, stormi di fenicotteri, pellicani, oche e anatre. I Makgadikgadi Pans ricoprono un’area di 12.000 Kmq formata dalle saline di Sowa, Nxai e Ntwetwe, che si dice fosse anticamente un lago immenso di 60.000 Km quadrati, grande quasi quanto Piemonte, Lombardia e Veneto messi insieme.
Un altro luogo da non perdere assolutamente, è Kubu Island, nella depressione di Sowa: si tratta di un’isola di granito fatta a mezzaluna che si eleva dalla pianura salina circostante, i suoi pendii sono coperti di resti fossili e detriti che indicano i vari livelli dell’acqua del lago preistorico; nell’isola svettano dei giganteschi baobab dalle forme bizzarre, un luogo meraviglioso, un paesaggio surreale che lascia stupiti.
Makgadikgadi National Park ricopre circa 4.900 Kmq; a nord una vasta savana aperta popolata da mandrie di erbivori, mentre la zona meridionale è costituita principalmente di saline. Il confine occidentale del parco è segnato dal corso del fiume Boteti, dove la vegetazione è più ricca: quando il fiume si riempie è possibile incontrare centinata di zebre alla ricerca di acqua e pascoli.
E ancora. Il Nxai Pan National Park, di oltre 2500 chilometri quadrati, caratterizzato da un paesaggio con immense distese punteggiate da acacie a forma di ombrello, che tra febbraio ed aprile, durante le piogge, si popola di branchi di gnu, zebre, di antilopi e giraffe.
All’interno del pan è possibile visitare i celebri Baines baobabs, una formazione di 7 baobab millenari di notevoli dimensioni, resi celebri dai dipinti del pittore e cartografo francese Thomas Baines, il quale li dipinse, durante un viaggio con l’esploratore e commerciante John Chapman, nel 1861. La cosa sorprendente è che il paesaggio che dipinse Baines è tuttora identico oggi, dando così l’impressione di essere parte di quel dipinto.
La Central Kalahari Game Reserve si estende per quasi 50 mila chilometri quadrati ed è l’area protetta più estesa del continente africano. Venne istituita nel 1961, principalmente per concedere ai clan boscimani, antichi abitanti del Kalahari, un territorio entro il quale continuare le loro tradizioni di caccia e raccolta. Geograficamente la riserva si divide in due aree: la parte meridionale e centrale arida, con vegetazione bassa e sabbia profonda, mentre la parte settentrionale, lungo la Deception Valley, dove il terreno si compatta e la vegetazione si infittisce, da origine ad una savana arida più ricca di fauna che, durante il periodo delle piogge si trasformano in distese erbose di un verde brillante popolate da migliaia di orici e springbok. Nel parco poi, vivono moltissimi predatori: incontrare ghepardi, leoni, leopardi, iene non è una rarità.
Creato nel 2000 per unire il Mabuasehube-Gemsbok Park in Botswana e il Kalahari Gemsbok National Park in Sudafrica, il Kgalagadi Transfrontier Park è un’area di 38.000 Km quadrati dove gli animali possono muoversi in tutta libertà e dove il paesaggio si contraddistingue per la presenza di basse dune rosse, ocra, rosa. Il territorio ha una rada vegetazione, fatta soprattutto di piccoli arbusti e punteggiato in alcune aree di “camel thorn”, (specie di acacia – acacia erioloba).
Pur essendo un ambiente molto arido accoglie molte specie che si sono adattate a vivere in condizioni estreme e che spesso si possono incontrare nei pressi di pozze d’acqua artificiali o lungo i letti dei fiumi che talvolta offrono qualche riserva d’acqua. E’ possibile incontrare orici, eland, springbok, iene, sciacalli, caracal, volpi del capo, manguste e con un po’ di fortuna ghepardi, gatti selvatici e il famoso leone del Kalahari, facilmente riconoscibile per la sua folta criniera nera.
Altro simpatico protagonista di queste zone è il suricato, piccolo onnivoro che vive in gruppi numerosi e che spesso è facile vedere di vedetta sopra piccole dune di sabbia. Il parco è anche un paradiso per i birdwatchers, con 260 specie di uccelli, di cui oltre 20 specie di grandi rapaci.
Sono davvero tante le meraviglie del posto che meritano di essere viste, oltre che con un safari fotografico che si trasformerà in un indimenticabile ricordo, un’altra grande e straordinaria esperienza è quella di sorvolare in mongolfiera il Delta dell’Okavango.