Ogasawara, le Galapagos d’Oriente
Qualcuno le ha paragonate alle ecuadoriane Galapagos, definendo le isole giapponesi di Ogasawara, le “Galapagos d’Oriente”: siamo a poco meno di 1000 chilometri dalla capitale del Giappone, Tokyo e per arrivare in questo paradiso, sono necessarie più o meno 24 ore di nave perché non esiste altro modo per raggiungerle.
La stessa situazione delle Galapagos: circa 1000 chilometri dalla costa dell’Ecuador, entrambe, Galapagos e Ogasawara, si trovano nell’Oceano Pacifico, praticamente le une davanti alle altre, anche se distanti un intero Oceano ed entrambe, anche se le Galapagos sono molto più conosciute, ritenute, a ragione, paradisi della natura.
Se le isole ecuadoriane, più o meno, le conosciamo tutti, le Ogasawara, tranne forse i giapponesi e qualche studioso, le conoscono in pochi.
Si tratta di un arcipelago di oltre 30 isole tropicali e sub-tropicali, conosciute anche come isole Bonin, amministrativamente appartenenti, come detto, alla città di Tokyo, anche se non potrebbero essere più diverse dalla frenetica metropoli.
L’area della maggior parte di queste isole è di poche decine di chilometri quadrati e solo due di queste sono permanentemente abitate, Chichi jima e Haha jima. L’arcipelago è costituito da tre gruppi di isole: il primo è quello di Ogasawara composto da Muko-jima, Chichi-jima e Haha-jima; il secondo gruppo è composto dall’ isola Io e tre altre isole, mentre Nishi-no-shima, Minani-tori-shima, e Oki-no-shima isole appartengono al terzo gruppo: l’intero arcipelago fa parte del Parco Nazionale di Ogasawara.
Tra le isole dell’arcipelago, quella forse più conosciuta, oggi disabitata, è Iwo Jima: ha una superficie di 21 km² circa, è lunga 8 chilometri e larga 4 ed è dominata dal monte Suribachi, alto 166 m. e fa parte del gruppo delle Isole Vulcano.
Durante la seconda guerra mondiale l’isola fu teatro di quella che oggi è conosciuta come “la battaglia di Iwo Jima”, tra le forze statunitensi e quelle giapponesi, una delle battaglie tra le più sanguinose del teatro del Pacifico: le truppe giapponesi, che vi avevano creato una loro forticatissima base militare, combatterono praticamente sin quasi fino all’ultimo uomo e alla fine, su oltre 20 mila soldati, ne restarono vivi poco più di un migliaio. L’isola rimase occupata dagli USA fino al 1968, quando tornò in possesso del Giappone.
L’arcipelago si formò grazie ad un’intensa attività vulcanica e oggi, le alte scogliere erose dall’acqua che le circondano, rendono il paesaggio ancora più spettacolare, nonché meta ideale per gli amanti delle immersioni. L’acqua intorno Hyotan-jima, Minami-jima e Hira-shima, ad esempio, è particolarmente cristallina e ospita una straordinaria barriera corallina.
Le isole offrono una varietà di paesaggi e una notevole biodiversità che caratterizza flora e fauna, per un ecosistema così ricco e straordinario da essere stato dichiarato dall’UNESCO, nel 2011, World Natural Heritage.
Nel periodo che va da marzo ad ottobre è possibile visitare, ad esempio, la disabitata isola di Minamijima – il cui accesso è vietato durante il resto dell’anno – rigorosamente accompagnati da una guida certificata Tokyo Nature Guide, il cui luogo simbolo è la laguna Ogi-ike dove acque turchesi attraversano un tunnel carsico naturale sullo sfondo di una spiaggia bianca.
L’arcipelago è forse il miglior luogo, in tutto il Giappone, dove ammirare da vicino le tartarughe marine verdi, imparando molto sulla conservazione e tutela di questa specie autoctona.
E poi, emozionanti incontri con le tartarughe marine; sensazionali avvistamenti di balene, senza dimenticare la possibilità di indimenticabili nuotate con i delfini, oltre che panoramici trekking in un contesto naturalistico unico al mondo.
Per gli appassionati di snorkeling niente di meglio che la barriera corallina che si trova di fronte alla spiaggia Seihyo, sull’isola Chichijima; lo spettacolo più strabiliante dell’anno si verifica in una notte di luna piena tra maggio e giugno quando i coralli rilasciano le uova.
Le meraviglie dell’arcipelago non hanno solo come cornice il blu del Pacifico, sono molte infatti le sorprese anche fuori dall’acqua: grazie al pochissimo inquinamento luminoso, i tour notturni per ammirare il cielo stellato e la volta celeste sono uno spettacolo nello spettacolo. E le ore notturne sono anche il momento giusto per andare alla ricerca del celebre Fungo Yakotake, noto per la sua verde luminescenza, oltre che per scoprire molte specie animali endemiche come la “libellula delle Ogasawara”
Merita senza dubbio una menzione speciale anche la tradizione gastronomica caratteristica di questa zona, dove temperature subtropicali e caldo sole hanno influito su coltivazioni e ricette. Uno straordinario interesse hanno suscitato frutta e verdure locali (rispettivamente “shima-furutsu” e “shima-yasai”) e i gustosi pomodori coltivati sulle isole, così come i fagioli, diventati molto richiesti in Giappone. Così come celebre è diventato anche il frutto della passione coltivato qui, dall’aroma particolarmente intenso e gustoso.
Probabilmente il prodotto locale più sorprendente però è un altro: sono ben 140 anni che sulle isole si coltiva il caffè, inizialmente era un progetto pilota organizzato dal governo, che poi è stato recentemente ripreso da coltivatori locali che ne hanno fatto un prodotto apprezzato dagli appassionati.
Le isole Ogasawara, come detto, sono un patrimonio naturalistico di inestimabile valore e da preservare con impegno e passione: celebrare questa ricchezza, andando anche a conoscere da vicino le persone che abitano questi ambienti, può aiutare ognuno di noi a prendere maggiore coscienza rispetto all’ambiente e alla sua tutela.
“Back to Nature” è un documentario realizzato dalla casa di produzione da A+E Creative Partners per il canale giapponese di History Channel, visibile nella versione integrale sul sito web, che racconta proprio questi luoghi magici. Qui Andrea Ramos, istruttrice di diving, racconta del suo amore a prima vista per l’arcipelago di Tokyo e di quanto sia magica la quotidiana nuotata con i delfini nelle acque turchesi che costeggiano le isole.
Il rispetto tra persone che poi si manifesta anche nel rispetto per l’ambiente è, secondo lei, il segreto di questo paradiso dove natura, uomini e tradizioni locali convivono armoniosamente in uno spettacolo affascinante.