Red Fort. Old Delhi
Corrispondenze dall’India
Prendere la matita tra le dita e scrivere mi rende immediatamente degna di attenzione.
Un incantesimo di parole. Non ordinario.
Mi osservano: uomini, donne e bambini.
I miei schizzi formule attraenti. I miei segni incomprensibili per tutti loro, affascinano nel profondo.
La penna si trasforma in bacchetta magica, è un attimo, questi geroglifici calamite di sguardi.
Osservo e mi osservano in questa danza che mescola sensazioni. Mescola, ingarbuglia, intreccia.
Scrivo per fermare, immortalare, non posso perdere tutto questo.
Il Forte che si apre dinnanzi agli occhi ha un’architettura che mi affascina. Austero e gentile. Difensivo e accogliente. Invalicabile e avvicinabile. Mi piego, giro, allontano, avvicino. Contorsioni per farlo stare in questa mia macchinetta, complicazioni architettoniche. Cerco la luce, la fermo, orario perfetto, immortalo il bacio del tramonto, il bacio sulla fronte del Forte. Arenaria rossa. Pochi anni prima di Versailles, di poco più anziano. Lo fece costruire Shah Jahan, un imperatore.
Oggi ha il volto del mio driver, lui si è trasformato sin da subito nel mio imperatore Moghul. Turbante, baffi trionfanti su un volto ebano, occhi seducenti, coraggiosi, accesi. Un imperatore, il mio imperatore Moghul personale. Ora sdraiato attende sul sedile posteriore. Piedi all’aria. Riposa. Sogna forse.
I piccioni di Old Delhi, quanti sono questi piccioni? La luce del tramonto. Atmosfera rarefatta, uccelli in stormi inarrestabili. Giochi del cielo. Perché non mi sento estranea qui? Persino l’architettura è diventata familiare, miscuglio di Islam, Persia ed India; sono bastate poche ore per riconoscerne dettagli. Come se da qualche parte ci fossero stati sempre. In quelle zone remote in fondo a me.
La bellezza spalmata un po’ ovunque non nasconde il volto crudele di una povertà sfacciata, dolorosa, amara.
Eppure colgo anche tutto il candore, la verginità, sento di non volerne violare gesti atavici.
Osservo marmi decorati sapientemente, mi stupisco sempre di fronte alla bellezza. Adoro perdermi nel ricciolo, nel ricamo floreale, nel dettaglio che fa la differenza.
La differenza fra te e me.
L’infinita girandola di colori, persone, cani, puzzo di bruciato, merda, sudore, mi avvolge. Questo vortice sconvolge tutti i sensi ma lascio che sia, voglio che sia, non ci sono barriere fra il mio dentro e il fuori. Presa come da incantamento.
Il driver mi aspetta all’uscita, nessun giogo oggi. Assaporo libertà. Non ho orari, non ho pensieri esterni a me stessa. In questa condizione di momentaneo egoismo. Egoismo e smania di inzupparmi in questo pandemonio.
Pandemonio e delirio.
E così sia