Mnemosyne. Il teatro della memoria
La Sala del collezionista dello splendido Castello Visconteo, a Pavia, ospita sino al prossimo 26 marzo, la mostra “Mnemosyne. Il teatro della memoria”, a cura di Paolo Linetti: l’esposizione, rara e straordinaria, ricostruisce in uno dei grandi ambienti dei musei civici una delle cosiddette Wunderkammer, le “camere delle meraviglie” che si diffusero, soprattutto in Europa, tra il XV e il XVIII secolo.
Mnemosyne era, per i Greci, la personificazione della funzione mnemonica, ed è a questa antica divinità che è dedicato il titolo dell’esposizione.
Le wunderkammer, antenate dei moderni musei, poi scomparse con l’avvento dell’Illuminismo, erano le stanze da collezione rinascimentali in cui monarchi, principi, aristocratici, scienziati e persino artisti collezionavano gli oggetti più differenti, cercando di raccogliere in un unico ambiente tutto lo scibile umano.
Queste collezioni, create per fini di studio, per diletto personale e per suscitare ammirazione e prestigio, erano composte da esemplari di storia naturale, strumenti, invenzioni meccaniche, carte geografiche, rarità archeologiche, monete, cammei e quanto di più curioso si potesse trovare.
Ma come sarebbe stata la wunderkammer o lo studiolo di un collezionista del XVII secolo se fosse vissuto fino ai giorni nostri, sempre attento a mostrare l’evoluzione del mondo e dei nuovi confini?
Lo spettacolare allestimento della mostra, studiato per suscitare lo stesso stupore che provocavano le “camere delle meraviglie” di qualche secolo fa, vuole proprio rispondere a questa domanda: espone “Artificialia”, ovvero le creazioni dell’uomo, come opere d’arte, statue, gioielli, quadri, reperti archeologici; “Naturalia”, oggetti appartenenti al mondo naturale quali conchiglie, coralli, animali esotici, ma anche elementi bizzarri e mostruosità della natura; infine le “Scientifica”, strumenti scientifici e opere dell’ingegno umano, e le “Exotica”, manufatti provenienti dal lontano Oriente oppure dalle terre al di là delle Colonne d’Ercole.
“Considero la realizzazione di questa mostra un tassello importante del progetto più ampio dedicato ai nostri Musei Civici – afferma l’Assessore alla Cultura Mariangela Singali Calisti – dopo il lungo periodo di chiusura forzata. Un periodo di cupezza che ci ha però permesso di riflettere sull’idea di museo che volevamo e vogliamo promuovere: uno spazio in cui antico e contemporaneo si incontrano, con proposte accattivanti, sofisticate ma allo stesso tempo in grado di sorprendere il pubblico più vario. Mnemosyne è una proposta suggestiva, densa di stimoli culturali e visuali, che invita a compiere una sorta di esperienza di viaggio nella storia del meraviglioso nell’arte e nella cultura”.
“La mostra – aggiunge il suo curatore Paolo Linetti – intende inscenare la storia del collezionismo e delle camere delle meraviglie.
Dall’Illuminismo in poi le opere furono classificate secondo un rigido schema enciclopedico e analitico e ripartite ognuna in un luogo di stretta pertinenza logica e scientifica.
Il senso di stupore e meraviglia venne rigettato, la visione e comprensione delle opere doveva essere scevra dal suggerimento di ogni emozione ed esposta in maniera asettica.
La scelta espositiva si ispira invece agli allestimenti degli studioli e delle camere delle meraviglie, le cui decorazioni e sfondi erano fondamentali, avevano il ruolo di quinta scenica dove le opere erano ambientate e messe in dialogo l’un l’altra come attori su un palco. Per questo questi luoghi di collezionismo potevano essere chiamati Teatri della memoria. Da qui l’idea di chiamare le tre sezioni della mostra “Atti” e le sottosezioni “scene” come in uno spettacolo teatrale. I gruppi espositivi mirano a restituire quel senso onirico e della meraviglia”.
Tra i dipinti esposti, il San Girolamo attribuito al pittore emiliano Giacomo Cavedoni, seguace di Guido Reni, dove il santo è raffigurato all’imbocco di una grotta, intento a leggere la Bibbia e circondato da poderosi volumi: compaiono gli attributi tradizionali del teschio, invito alla meditazione, e il sasso, con cui Girolamo soleva percuotersi il petto.
Di particolare interesse è il dente di narvalo, una reliquia esclusiva che, fino al Medioevo, si riteneva appartenere ad un unicorno, ma che anche in seguito mantenne straordinaria importanza per il valore magico, alchemico e medicinale che gli si attribuiva.
Ancora, la mostra espone alcuni dei cosiddetti memento mori, teschi veri o dipinti atti a ricordare la fragilità della vita umana, che servivano come monito per i ricchi collezionisti a non farsi rapire dal fasto e dalla bellezza.
La stessa funzione avevano le vanitas, dipinti raffiguranti nature morte con elementi simbolici allusivi al tema della caducità della vita: Mnemosyne. Il teatro della memoria ne propone una selezione, realizzate da Gian Carozzi (1920-2008), esponente del movimento spazialista, e dal collettivo R.E.M.I.D.A., le cui bellissime opere ripropongono in chiave contemporanea lo splendore e la simbologia delle vanitas settecentesche.
Della designer Valentina Giovando sono invece esposti alcuni mobili e lampadari, straordinari esempi di “artificialia” moderni per la maniacale perizia nella cura dei dettagli e per lo stupore d’insieme che suscitano.
La mostra offre inoltre l’occasione per poter ammirare opere d’arte mai esposte prima, provenienti dai depositi dei Musei Civici di Pavia, rare piante dell’orto botanico cittadino e opere di tassidermia del Museo Kosmos, il Museo di Storia Naturale dell’Università di Pavia, come l’impressionante coccodrillo impagliato, oltre alle opere africane gentilmente concesse dalla Fondazione Frate Sole.
Significativi anche i prestiti dal Museo della Scienza di Milano e dal Museo d’arte orientale Mazzocchi di Coccaglio, tra cui dei vasi in bronzo e un magnifico soprammobile in avorio, in cui sono incastonati dei carapace di tartaruga intagliati con corpi mobili.
Arricchiscono l’esposizione beni provenienti da collezioni private: armature giapponesi del XIX secolo, coloratissimi kimono, una straordinaria pipa da oppio ottomana, a forma di drago, risalente al XVIII o XIX secolo, e uno splendido pavone imbalsamato.
Alcune opere di Elena Carozzi, carte da parati e tappezzerie di lusso dipinte a mano, decorano le pareti della wunderkammer del Castello Visconteo e, proprio come accadeva nelle “camere delle meraviglie”, hanno il ruolo fondamentale di ambientare le opere esposte, mettendole in dialogo tra loro come attori su un palco.
Visitando l’esposizione, si ha infatti l’impressione di assistere ad una messa in scena teatrale in due atti, ambientata prima in uno studiolo, fenomeno tipicamente italiano predecessore delle wunderkammer, poi in una “camera delle meraviglie” vera e propria.
Attraverso le varie raccolte, analizzate e spiegate una per una, la mostra ripercorre l’intera storia del collezionismo, attività universale e naturale dell’uomo che affonda le sue radici in tempi antichissimi, dalla preistoria all’epoca contemporanea.
Info:
Mnemosyne
Il teatro della memoria
Castello Visconteo di Pavia
20 ottobre – 26 marzo 2023
Orari:
tutti i giorni (escluso il martedì), dalle 10 alle 18
Ingresso: 5 euro, ridotto 3 euro
www.vivipavia.it